“ Mi piaceva camminare da solo, muto , imparando a conoscere passo per passo quel nuovo mondo ” P.Pasolini “L’Odore dell’India”.
Così scriveva Pasolini e così viaggiava e si perdeva per l’India. Non proprio così Maurizio ma forse con lo stesso spirito: non a piedi ma in sella ad una moto sulle strade indiane con una telecamera, rischiosamente agganciata al manubrio della moto stessa o posizionata, ferma , immobile , lungo la strada, all’altezza dello sguardo di un bambino, a registrare lo spettacolo ininterrotto , assurdo, meraviglioso e comunque sempre diverso che l’India sa offrire a chi ha voglia di guardarlo, con pazienza, oblio dei vincoli temporali e soprattutto dal basso verso l’ alto, come un bambino appunto, mai dall’alto verso basso , in nessun senso.
In India non si è mai soli perchè in qualsiasi luogo, remoto, nascosto, inatteso, inesplorato sbucherà sempre fuori qualcuno che avrà voglia di salutarti e , perché no, già che c’è di sottoporti ad un interrogatorio richiedendo una serie di informazioni sulla tua vita che non si riesce a capire perché. Ma non per questo l’India è sempre , come spesso ci viene ritratta, sovraffollata e brulicante di gente, mucche e merce…sono le mille strade secondarie di campagna che conducono a paesotti e villaggi il cui nome si dimentica subito che svelano momenti di solitudine e paesaggi deserti da non crederci. Basta avere pazienza ed aspettare ed ecco che il ciclo continuo e inarrestabile della vita che sempre e comunque si snoda sul grande palcoscenico dell’India, si presenta in tutta la sua assurdità,incredibilità, meraviglia o orrore a secondo dei momenti: sguardi che ti bucano e ti pongono, in assoluto silenzio, domande insondabili, rituali misteriosi e inspiegabili, scenette comiche da commedia all’italiana o all’indiana ( le quali in fondo si assomigliano molto).
Una sorpresa c’è sempre, va saputa riconoscere ma è anche impossibile evitarla perchè la scena indiana della vita è qualcosa che ti investe e ti travolge e mai ti lascia indifferente. Questo è quello che contraddistingue l’India da ogni altro luogo al mondo: non si può restare indifferenti e non essere colpiti, impressionati nel bene o nel male. Tutto è estremo ed estrema è la nostra reazione al tutto: estasi sublime di bellezza inenarrabile, orrore insopportabile di nefandezze e brutture senza paragoni….
Lungo le strade del Karnataka e del Tamil Nadu , con una piccola telecamera e a cavallo di una moto sono più frequenti le prime che non le seconde e su tutto prevale quella struggente dolcezza che è già quasi nostalgia di scene, immagini, volti , suoni e odori che solo così si incontrano …perdendosi in un road-trip come narrano queste immagini.
Il titolo di questo video, “India through my eyes”, indica un passaggio, un filtro operato dagli occhi di Maurizio attraverso i quali passano le immagini.
Ma l’intenzione non è quella soggettiva di osservare e proporre una visione, stabilire una tesi e svilupparla attraverso le immagini. Lo sguardo di Maurizio non ha soltanto la statura di quello di un bambino ma anche la sua innocenza, curiosità, totale apertura. Sulla reale oggettività di una ripresa video hanno già discusso e scritto critici e studiosi , è un discorso lungo e tecnico che qui non mi sento di sviscerare ulteriormente. La posizione della camera già di per sé, lo sappiamo bene, rappresenta una scelta soggettiva. Ma l’osservazione “passiva” che non cerca di stimolare, evocare, o dimostrare è quello che contraddistingue queste immagini e l’intento di chi le registra. Il distacco, assoluto ed equanime, l’osservazione come pura e consapevole esperienza dell’osservare sono qualcosa cui si può giungere dopo lunga e profonda meditazione. Lo sguardo di Maurizio non giunge a questo, forse , ma si posa sull’India – quel paese che si ama o si odia, quel mondo che ci incanta e ci disgusta, quella società che ci intriga e ci irrita – sempre e comunque velato di irrinunciabile empatia.